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Istisss – Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali – Roma – Istisss – Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali – Roma

Anziani non autosufficienti, con patologie invalidanti: un appello per un’informazione corretta

Renzo Scortegagna

4/2009 n.s

         Nell’editoriale della Rivista Prospettive assistenziali, n. 167 del 2009, viene evidenziato un grave problema riguardante il tema della disabilità in età anziana e il diritto alle cure, a partire dalle indicazioni contenuto nel Libro bianco sul futuro del modello sociale. La vita buona nella società attiva voluto dal Ministro Sacconi.
         Nell’Editoriale si formula un pressante appello alle organizzazioni sociali perché “contribuiscano a segnalare ai loro aderenti e alla popolazione le norme volte a garantire il diritto (degli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza) alle cure sanitarie e socio-sanitarie, contribuendo in tal modo non solo ad evitare sofferenze ai malati, ma anche cooperando concretamente alla prevenzione delle povertà evitabili”.
         La nostra Rivista aderisce all’appello e invita i lettori ad approfondire l’argomento leggendo detto Editoriale o rivolgendosi al Comitato per la difesa degli assistiti, costituito nel 1978 dal Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base di Torino, Comitato attualmente gestito dalla Fondazione promozione sociale onlus (www.fondazionepromozionesociale.it).
 
         La questione sulla quale si intende attirare l’attenzione è la competenza nella cura e nell’assistenza dell’anziano affetto da malattie invalidanti e quindi in condizioni di non autosufficienza.
         L’invalidità è sempre una malattia, anche quando non esistono le premesse per una guarigione e come tale i costi di assistenza devono considerarsi spesa sanitaria. Anche quando si debba ricorrere ad un’assistenza residenziale. Senza dubbio peraltro tali disabilità producono conseguenze anche sul piano sociale, in quanto esse incidono sui livelli di autonomia, generando un bisogno di assistenza classificabile come sociale. Ma si tratta sempre di una conseguenza della patologia invalidante e non di una derivazione da disagio sociale.
         Questo particolare non è indifferente, in quanto nella prassi si tende a separare il campo prettamente sanitario da quello socio-assistenziale, sostenendo ipoteticamente che il bisogno di assistenza non dipenda dallo stato di malattia. In questo modo si attribuisce il compito della cura alle strutture di tipo assistenziale, chiedendo alla stessa persona anziana e/o alla sua famiglia di sostenere i relativi costi (in qualche caso con la riduzione della quota sanitaria, propriamente identificata).
Secondo la normativa vigente, questa prassi lede un diritto esigibile, che è il diritto alla salute, riconosciuto dalla stessa Costituzione.
         La situazione produce due tipi di conseguenze, l’una sul versante dell’elaborazione dei programmi di assistenza e cura, che possono presentare manchevolezze proprio sui contenuti di tipo sanitario e l’altra sul versante della spesa attribuibile allo stesso anziano e ai suoi famigliari, con il rischio di impoverimento, trattandosi di programmi assistenziali generalmente lunghi. D’altra parte il contesto nel quale tali situazioni si verificano è un contesto “debole”, sottoposto a continue emergenze, per cui anche un’azione di difesa e di tutela di diritti, peraltro già riconosciuti, può risultare difficile e faticosa.  
 
         Nel Libro bianco il Ministro avvalora indirettamente questa prassi illegale, come ricorda l’Editoriale in questione, secondo il quale si “vorrebbe indurre gli italiani a credere che le situazioni di disagio socio-economico, da cui sono colpiti – spesso gravemente – decine di migliaia di persone e di nuclei familiari, sarebbero risolte se venissero incentivate le benefiche e spontanee donazioni offerte dai cittadini e da organizzazioni sociali”.