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Istisss – Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali – Roma – Istisss – Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali – Roma

Melloni A.M., Trabucchi M. a cura di, “L’anziano attivo. 6° Rapporto sulla vita nelle età avanzate”, Ed. Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2016 Tempia A. a cura di, “Vivere nel tempo. Riflessioni sull’invecchiamento”, Ed. Sandro Teti Editore, Roma, 2017

Per lungo tempo l’età anziana è stata considerata come la fase residuale della vita e il momento delle perdite: del lavoro, degli impegni, degli apprendimenti, della salute; in sostanza come un’attesa passiva e inevitabile della conclusione della vita. A partire soprattutto dagli ultimi decenni del ‘900 si è invece fatta strada un’idea diversa, che tende a mettere in luce competenze, progettualità, risorse e speranze ancora presenti in questa fase della vita. Quindi la componente attiva di consapevolezza e di operosità. Si potrebbe allora dire che il concetto di ‘anziano attivo’ è una contraddizione solo apparente. Così sempre più spesso la parola invecchiamento viene preferita a vecchiaia, in quanto porta in sé il senso di un processo che implica sì un cambiamento, ma anche la possibilità di un nuovo equilibrio.

Ricordiamo che il 2012 è stato proclamato dal Parlamento Europeo Anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni proprio per invitare cittadini e politici a riflettere su come affrontare quella che molti hanno definito la rivoluzione del secolo: l’incremento vistoso dell’aspettativa di vita e quindi della popolazione anziana. L’obiettivo era quello di incentivare e valorizzare il contributo delle persone anziane nelle comunità di appartenenza per far percepire l’invecchiamento non più come una minaccia sociale e una disgrazia individuale, ma come una risorsa e un valore da considerare benefico per la collettività tutta. I progetti, le azioni, le riflessioni e le ricerche che ne sono scaturite sono state molte e significative. Ritengo che tutto ciò abbia contribuito a modificare lo sguardo sull’età anziana sia da parte dei diretti interessati, resi più consapevoli delle proprie potenzialità e dei propri diritti, sia da parte degli ‘altri’: famigliari, studenti, cittadini, artisti, operatori, amministratori, scienziati, più attenti nel considerare questa come un’età che, pur con le sue fragilità, può ricollocare l’esperienza esistenziale umana nei suoi limiti naturali, in una finitudine che aiuta a mantenersi umani, ad accogliere invece che a escludere.

Sulla base di sollecitazioni come queste hanno preso forma i due testi che propongo, diversi e complementari nell’affrontare la complessità delle questioni sottese al tema dell’invecchiamento, entrambi portatori di idee e proposte nuove.

L’anziano attivo, curato da Anna Maria Melloni e Marco Trabucchi, fotografa la situazione degli over 65 in Italia da diversi punti di vista con l’intento di restituirci un’immagine verosimile di come si invecchia oggi; non per nulla il sottotitolo è: “6° rapporto sulla vita nelle età avanzate”. Il testo è composto da contributi di diciannove esperti di varie discipline che ci riportano risultati di ricerche o considerazioni legate alla propria esperienza settoriale. Vengono innanzitutto presentati i dati demografici, dove si conferma che il forte incremento della popolazione anziana resterà costante anche negli scenari del prossimo futuro, malgrado il contributo dei flussi migratori, che non ne costituiscono un riequilibrio. Segue un’analisi delle differenti tipologie di servizi, dove si suggerisce la necessità di un approccio nuovo che stimoli l’anziano a farsi parte integrante del processo assistenziale e gli operatori della cura a favorirlo, e dove si auspica una sempre maggiore integrazione della rete assistenziale per trovare le risposte più adeguate ai differenziati bisogni. Un contributo stimolante ci aggiorna sulle molteplici possibilità offerte dalle nuove tecnologie sia per ridurre le disabilità che per mantenere il più a lungo possibile l’autonomia e l’indipendenza dell’anziano nella propria casa. Resta il fatto che in Italia sussistono molte resistenze al riguardo e queste risorse, quindi, non risultano ancora pienamente utilizzate e diffuse. Capitoli molto interessanti sono dedicati al lavoro, al pensionamento e al volontariato dove emerge chiaro che l’aumento dell’aspettativa di vita in buona salute non è una questione solo sanitaria ma anche politica che richiederebbe nuovi modelli di organizzazione del lavoro e della società che facessero attenzione alla conciliazione dei tempi vita-lavoro, combattessero le diseguaglianze sociali e di genere, avessero cura degli ambienti di vita e della fruibilità degli spazi delle città. Infatti se le condizioni di vita incidono fortemente sul processo di invecchiamento, le ricadute riguardano poi tutti. Ne deriva che “anche le politiche industriali e quelle dello sviluppo economico, e non solo quelle del lavoro e della salute, sono importanti per promuovere l’invecchiamento sano e attivo”. Il suggerimento degli autori è dunque quello di allargare gli orizzonti, “mantenersi sulla frontiera avanzata del sapere e delle pratiche, e favorire il confronto tra tutti i diretti interessati, compresi i lavoratori e le lavoratrici.” Da tale visione politica non potevano mancare considerazioni riguardanti anche l’ambito individuale della ricerca interiore: più autori valorizzano l’età anziana come momento di maggiore consapevolezza di sé: “per lasciare gli orizzonti della competizione e della lotta e rivolgersi a quelli della speranza”, per esprimere con creatività il bene della vita e farne dono agli altri secondo una progettualità più ampia della propria singola esistenza. Infine uno sguardo è rivolto anche alla produzione culturale: come alcune opere cinematografiche ci raccontano i tanti modi di invecchiare. Conclude un’utilissima sezione dedicata ad associazioni, riviste, agenzie di stampa specializzate del settore. Un testo ricco, con contributi interessanti, sicuramente utili e stimolanti per chi voglia orientarsi e cercare di capire meglio i problemi dell’età anziana.

Diverso invece l’approccio del testo Vivere nel tempo a cura di Anna Tempia. Le autrici sono un gruppo di cinque professioniste che, dopo alcuni incontri di scambio e di confronto sul proprio invecchiare, decidono di mettere in comune esperienze e competenze per ragionare sulla condizione di invecchiamento oggi. Si tratta di un lavoro iniziato nel 2012, in cui si percepisce il coinvolgimento e l’impegno, la cura e la dedizione, l’attenzione e la creatività ma soprattutto la coralità: il “pensare insieme”. Da questo confronto emerge la convinzione che l’invecchiamento non è una dimensione privata da vivere con l’aiuto dei medici e delle istituzioni, né “una lotta sociale contro la morte”, fatta di indici o di considerazioni etiche astratte, ma una fase importante della vita, di cui desiderano esplorare il senso. Le autrici, perciò scelgono di collocarsi oltre la tradizionale “polarizzazione” tra anziano attivo e anziano non autosufficiente perché questa conduce, a loro parere, a “negare che è il cambiamento nel corso della vita a creare un continuum tra i vari stadi; tutti essenziali per la condizione umana”. Intorno a questa idea forte procede l’analisi dell’esistente e si articolano il discorso e la proposta ‘operativa’: per migliorare le politiche e gli interventi rivolti alla popolazione che invecchia è importante approfondire “quello stadio intermedio di fragilità e limitazioni dell’invecchiamento non ancora connotato dalla perdita di autonomia”, perché, se ben affrontato e supportato, potrà avere ripercussioni positive sul futuro dei singoli e della collettività. Le autrici prendono in considerazione le molteplici variabili che influiscono sulla qualità della vita delle persone (gli spazi, gli scambi intergenerazionali, le rappresentazioni non stereotipate…), contestualizzano possibilità e criticità del processo di invecchiamento, fanno riferimento all’esperienza della Regione Lombardia e alle innovazioni del Comune di Milano, che ben conoscono, per arrivare a formulare alcune proposte organizzate sotto forma di “nuclei-obiettivi” e di “campi di intervento” più operativi. Tali proposte sono pensate per favorire soprattutto il benessere della persona, in modo che l’anziano possa continuare a vivere in modo soddisfacente secondo una prospettiva attenta al proprio progetto di vita, dove sia salvaguardata e promossa il più possibile l’autodeterminazione personale.

In queste riflessioni le autrici prendono a modello per il proprio pensare il ruolo svolto da generazioni di donne nell’occuparsi di cura nelle famiglie (sia verso i piccoli nipoti che i grandi anziani) e lo interpretano come uno “stare su di un crinale”: una posizione di limite, di confine ma anche panoramica che consente di proiettarsi verso visioni future in continuità con il passato. Si sentono cioè di appartenere a una “generazione cesura” perché mettono a frutto sia l’esperienza ‘appresa’ dal passato, sia quella vissuta attraverso la formazione, il lavoro, la partecipazione politica e associativa, per tratteggiare queste nuove “proposte di lavoro”, consapevoli che i cambiamenti avvenuti all’interno del mondo del lavoro e della famiglia hanno reso difficile trasferire il tradizionale modello di cura alla complessità del presente e del prossimo futuro.

Si tratta di un esempio interessante di come farsi “soggetti attivi di un lavoro di preparazione e di progettazione” del proprio futuro, interrogandosi sulla propria vita.

Dopo queste letture abbiamo la sensazione che rivolgere l’attenzione al cittadino (anziano) portatore di una fragilità può essere una grande opportunità perché ci addestra all’ascolto, ci sottrae all’indifferenza, ci responsabilizza come essere umani, ci attiva alla speranza.

                                                                                                                                                              Cristina Sironi